Permessi per motivi personali nella scuola: la Cassazione chiarisce i limiti del diritto soggettivo del docente

Cassazione Ordinanza n. 12991/2024: un nuovo equilibrio tra diritto del dipendente e discrezionalità del dirigente scolastico

 

L’ordinanza n. 12991/2024 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, depositata il 13 maggio 2024, affronta un tema di grande rilevanza per il personale scolastico: il diritto ai permessi retribuiti per motivi personali o familiari, disciplinati dall’art. 15, comma 2, del CCNL Scuola 2006-2009. La decisione offre importanti chiarimenti interpretativi, ridefinendo il rapporto tra il diritto soggettivo del dipendente e il potere di valutazione discrezionale del dirigente scolastico.

Il caso: la richiesta di un docente e il diniego del dirigente

La vicenda trae origine dalla richiesta, da parte del docente Elio Guanella, di un giorno di permesso retribuito per motivi personali (24 aprile 2015), richiesta respinta dal dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico Industriale “E. Molinari” di Milano. L’assenza è stata considerata ingiustificata e ha comportato una trattenuta in busta paga. Il docente ha impugnato il diniego, ritenendolo illegittimo, chiedendo l’annullamento del provvedimento e il rimborso della somma trattenuta.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Milano hanno rigettato la domanda del docente, confermando la legittimità dell’operato della scuola. Da qui il ricorso in Cassazione.

Le questioni giuridiche sollevate

Il ricorrente ha fondato la sua impugnazione su due motivi principali:

  1. Erronea interpretazione del contratto collettivo: secondo il docente, i giudici avrebbero confuso la disciplina delle ferie con quella dei permessi retribuiti, riferendosi impropriamente all’art. 13 del CCNL invece che all’art. 15, comma 2, applicabile al caso di specie.
  2. Violazione dell’art. 15 CCNL e dei criteri ermeneutici degli artt. 1362 ss. c.c.: Guanella sosteneva che il permesso debba essere concesso automaticamente, salvo verifica formale, e che il dirigente non abbia potere di sindacato sul merito del motivo addotto, essendo sufficiente una semplice dichiarazione (anche tramite autocertificazione).

La decisione della Cassazione: interpretazione rigorosa dell’art. 15 CCNL Scuola

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ma con una motivazione autonoma rispetto a quella delle corti di merito. Secondo la Cassazione, l’art. 15, comma 2, del CCNL Scuola riconosce sì un diritto ai tre giorni annui di permesso retribuito, ma condizionato:

“Il dipendente ha diritto a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione.”

Ciò comporta che:

  1. Il motivo addotto deve essere specifico, concreto e giustificabile;
  2. Non è sufficiente un generico riferimento (“accompagnare la moglie fuori Milano” nel caso in esame), ma occorre documentare l’effettiva necessità dell’assenza dal servizio;
  3. Il dirigente scolastico mantiene un potere discrezionale nella valutazione dell’opportunità di concedere il permesso, attraverso un bilanciamento tra le esigenze personali del dipendente e quelle organizzative dell’istituto.

La Corte afferma, in modo netto, che il permesso non costituisce un diritto soggettivo pieno, automatico e insindacabile, ma un diritto “condizionato e subordinato alla valutazione del dirigente”.

L’importanza della documentazione e della motivazione

La motivazione dell’ordinanza è chiara: “il dipendente non può pretendere il permesso sulla base di motivazioni generiche o vaghe”. È necessaria una motivazione dettagliata, accompagnata da elementi anche solo autocertificati, che spieghino chiaramente l’impossibilità di rendere servizio.

Nel caso in questione, la Cassazione ha ritenuto del tutto insufficiente il semplice riferimento all’accompagnamento della moglie, in assenza di ulteriori specificazioni (es. motivi di salute, urgenza, mancanza di altri accompagnatori, ecc.).

Implicazioni per la scuola: verso una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti

Questa pronuncia rafforza il ruolo del dirigente scolastico nella gestione delle risorse umane. Egli non è un mero esecutore delle richieste dei dipendenti, ma un soggetto che ha il compito di valutare, caso per caso, la compatibilità tra le esigenze personali e quelle organizzative.

Per i dirigenti scolastici, ciò significa:

* Verificare la regolarità formale delle richieste;

* Valutare la fondatezza e specificità del motivo addotto;

* Assumere decisioni motivate e documentabili, per evitare contenziosi.

Implicazioni per i docenti: attenzione alla precisione nella richiesta di permessi

Per il personale scolastico, questa sentenza rappresenta un invito alla prudenza. La richiesta di permesso:

  1. Deve essere presentata per iscritto, nel rispetto dei termini e delle modalità previste dal contratto;
  2. Deve contenere una motivazione specifica, documentata o autocertificata, ma sempre chiara;
  3. Non può essere pretesa automaticamente: il diritto esiste, ma non è incondizionato.

Corte Suprema di Cassazione – Ordinanza n. 12991 del 13/05/2024

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